I nostri ragazzi danno speranza … nonostante tutto ! Sinodo dei giovani 2018

I giovani di oggi si confrontano con una serie di sfide ed opportunità sia esterne che interne cercando di dare senso ad un mondo molto complicato e di trovare nuove possibilità per superare diversità e divisioni.
La Chiesa è chiamata ad affiancare i nostri ragazzi in questa impresa titanica, chiarendo le sue idee ed impegnandosi per e con loro ad essere una guida efficace nella loro vita.


Il Sinodo dei Giovani 2018 è un’ottima opportunità per provare ad unire le forze ed ottenere risultati concreti; a Roma dal 19 al 24 marzo 2018 si è tenuta l’inaugurazione della riunione pre-sinodale alla quale il nostro Daniel ha partecipato con la sua testimonianza di vita; ecco il suo racconto.

Ph: synod2018

“Ho 25 anni ed ho vissuto la mia infanzia a Quartoggiaro, un quartiere difficile di Milano, passavo i miei giorni immerso in una cultura materiale assordante; le cose importanti erano soldi, successo, immagine, potere e nessun altra prospettiva.
Dovevo sentirmi all’altezza della situazione così ho iniziato con piccoli furti e sono arrivato a commettere rapine in banca; sono stato arrestato ed ho compiuto i miei 18 anni in una cella del carcere minorile Beccaria di Milano.
Ecco, pensavo; ora sono famoso tutti mi riconosceranno e mi daranno rispetto in quartiere; ma capii ben presto che questo era solo l’inizio di un lungo e dolorosissimo viaggio.
Da buona testa dura quale sono in carcere misi in atto il mio copione: rifiuto dell’autorità, insofferenza alle regole e verso ragazzi di altre etnie; ero ingestibile violento, incattivito da un ambiente che percepivo solo come luogo punitivo.
Non mi fidavo degli adulti; ma fu proprio al Beccaria che conobbi don Claudio, con lui riuscivo a parlare e a farmi ascoltare.
Fu così che chiesi al giudice la possibilità di andare a vivere nella sua comunità di accoglienza e dopo due anni finalmente ero in Kayrós.
Avevo provato diverse comunità in precedenze, nelle quali prima ancora di chiederti il nome ti elencavano le regole da seguire, da don Claudio era tutto diverso, mi sono sentito da subito a casa, accolto con fiducia.
Certo, le regole c’erano, ma la mia libertà era presa sul serio, fui messo di fronte a delle scelte ed avevo la libertà di farlo con responsabilità.
Don Claudio è molto “furbo”, non mi ha mai imposto nulla, semplicemente interpellava la mia libertà; diceva: “Sei grande, decidi tu con la tua testa, conosci la risposta, non te la devo dare io. So che saprai scegliere bene!”.
Da qui, da queste frasi è iniziato il mio cambiamento, c’era qualcuno che credeva in me e nella mia capacità positiva di scelta e mi chiamava ad assumermi con coscienza le mie responsabilità.
Oggi vivo in Kayrós con un senegalese, un marocchino ed un russo, imparo molto nel condividere la vita con giovani di culture e religioni diverse da me; ho ripreso gli studi, ho sostenuto e superato l’esame di maturità.
Frequento l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nella Facoltà di Scienze della formazione ed in questo periodo sostenendo gli esami del primo anno.
Da questa esperienza sono nate in me molte domande di fede, le ho poste don Claudio ed ho cominciato a conoscerlo in maniera nuova; ora comprendo che per educare i giovani alla fede occorre innanzitutto permettere a loro di ritrovare le domande perdute.
Ho capito che non è possibile alcun discernimento se stai sempre con chi ti assomiglia. il confronto col diverso aiuta nella conoscenza di se stessi e incoraggia scelte autentiche nella fede come nella vita.
Non si cresce mai da soli ma soprattutto, per stare insieme, occorre mettere al centro il perdono; ora so che solo un amore che è dono può durare tutta la vita.
Cosa chiedo alla Chiesa e a questo Sinodo? Di non dimenticarsi di noi, di quei giovani che per un misterioso disegno della vita hanno conosciuto l’abbandono, il carcere e la solitudine.
Proprio per i nostri sbagli, per le sofferenze che abbiamo provato e per l’esperienza di cambiamento che stiamo vivendo possiamo essere un dono anche per altri giovani; il bene fatto in silenzio, fa molto più rumore ed ora tocca a me offrire agli altri una testimonianza vera ecco, questo è il mio Kayrós”.

La speranza dei giovani come Daniel è che la Chiesa e le altre istituzioni possano imparare ad ascoltare le loro voci.
Nella ricerca del “senso di se stessi”, un senso di appartenenza significativo nella formazione della proprio identità hanno bisogno di trovare modelli attraenti, coerenti e autentici; hanno bisogno di spiegazioni razionali e critiche a questioni complesse, le risposte semplicistiche non bastano più.
Una Chiesa accogliente e misericordiosa deve affrontare senza remore argomenti come sessualità, dipendenze, fallimento, famiglie in difficoltà, criminalità, la violenza, ogni forma di persecuzione, sfruttamento e corruzione.
Alle prese con queste sfide nei giovani sale forte il bisogno di inclusione, accoglienza, misericordia e tenerezza da parte della Chiesa, sia come istituzione che come comunità di fede.
L’esclusione sociale e l’abbandono sono un fattore che contribuisce alla perdita di autostima e di identità; molti giovani ne soffrono il peso perché sono abituati a vedere la diversità come una ricchezza, considerandola un’opportunità; valorizzando la diversità di idee, il rispetto per il pensiero dell’altro e la libertà di espressione.
I ragazzi restano comunque pieni di speranza, la grande partecipazione al Sinodo dei Giovani ne è la dimostrazione, anche se a volte rischiano di rinunciare ai loro sogni, per questo sono alla continua ricerca di una società che sia coerente, che si fidi di loro.
I giovani vogliono essere ascoltati, vogliono diventare protagonisti e non essere solamente spettatori nella società, per raggiungere il loro obiettivo chiedono sostegno alla Chiesa per poter lavorare insieme e costruire un mondo migliore.
I nostri ragazzi riconoscono la Chiesa nelle persone e non nella struttura; uomini e donne che possono affrontare i problemi con un vero confronto ed uno sguardo aperto alle diverse idee ed esperienze, che sia testimone vivente di ciò che insegna mostrando l’autenticità della strada da seguire ma anche ammettendo eventuali errori commessi.
Sapere che i modelli di fede sono autentici che vulnerabili fa sentire anche i giovani liberi di esserlo
E’ forte il desiderio di vedere una Chiesa solidale e protesa verso coloro che lottano nelle periferie, verso chi è in difficoltà coinvolgendo i giovani dando loro ruoli di leadership per essere una presenza entusiasta e, come suggerito da Daniel nella sua testimonianza, avere comunità nelle quali i giovani condividono le loro battaglie e dove possano essere testimoni l’uno per l’altro.
Basta giudicare è arrivato il momento di prendersi cura ed ascoltare attivamente i bisogni; di rispondere con forza e gentilezza, di avere consapevolezza di se’, di saper riconoscere i propri limiti e conoscere le gioie e i dolori.

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