Mencarelli: non censuriamo le nostre fragilità

Alla fragilità Daniele Mencarelli, scrittore, vincitore del Premio Strega Giovani nel 2020 con il romanzo “Tutto chiede salvezza”, ha dedicato molta attenzione nelle sue opere, che spesso sono frutto della rielaborazione di accadimenti personali. E quando gli chiediamo dove nascono le fragilità così diffuse nel mondo giovanile, ci prende in contropiede: “Anzitutto sgombriamo il campo da un equivoco: le fragilità non sono di per sé un male. Appartengono alla natura umana e perciò non vanno considerate come il frutto di una condizione patologica”.

Perché vengono considerate come qualcosa di negativo?
Oggi si corre un grande rischio: pensare che l’uomo “compiuto”, l’uomo che dice “tutto a posto”, sia una persona che prescinde dalla considerazione dei suoi limiti, che non ha il coraggio di guardarli come qualcosa che lo costituisce. C’è una preoccupante incapacità di ascoltare se stessi, di guardarsi dentro con verità. In fondo, è una mancanza di realismo.

Cosa differenzia i giovani di oggi?
Un giovane di 16-18 anni ha un approccio alla vita radicalmente diverso rispetto a quello dei genitori. Io sono nato a metà degli anni Settanta, la mia generazione sconta una serie di tabù ideologici tipici del Novecento, primo fra tutti la convinzione che Dio sia una realtà superata, qualcosa con cui i conti sono da considerarsi chiusi. E ancora oggi certi maestri del pensiero (o pseudomaestri) partono dalla convinzione che il Novecento ha eretto il Nulla a “signore della vita” e che quindi qualsiasi ricerca è in fondo inutile. I giovani di oggi non accettano questo teorema, sono curiosi, vogliono perlustrare la realtà e andare a fondo di se stessi.

Come si può uscire da questo malinteso e guardare alle fragilità senza scandalizzarcene, anzi, considerandole come una potenziale risorsa?
Dobbiamo imparare a guardare in faccia tutte le componenti della nostra natura umana, comprese la malattia, la sofferenza, la morte, evitando di considerarle un elemento da sotterrare, da rigettare aprioristicamente. E dobbiamo fare di questi temi troppo spesso censurati un punto di partenza umano, educativo, culturale e trovare persone che siano capaci di uno sguardo pieno di curiosità e stupore rispetto a questi aspetti. La vera fragilità è vivere questi temi in solitudine, non condividerli con l’altro.

Giorgio Paolucci