Cosa attendiamo ?
Siamo di fronte a molti giovani disorientati, fragili; giovani che vivono la realtà con una totale assenza di significato, di senso.
Vivono nel “nichilismo dolce” – così qualcuno l’ha definito – di chi si diverte, cerca di anestetizzare le domande più vere con tutti i tipi di consumo, dalle droghe all’alcol; soprattutto cercano di anestetizzare le sofferenze che magari hanno dentro nel cuore. “Siamo freddi dentro”: così ha scritto un ragazzo della comunità in una sua canzone che per me è un vero inno generazionale.
È una generazione “raffreddata” dalla totale assenza degli adulti. Il mondo adulto sembra irrilevante, incapace di scaldare il cuore dei nostri adolescenti. La sfida della realtà è una sfida molto aperta per questi ragazzi. Baby Gang in una sua famosa canzone dice “non so dirti ti amo perché nessuno me l’ha mai insegnato. Ci ho provato da solo ma non ha funzionato’’.
Ecco, sta avvenendo esattamente questo: una generazione lontana dai nostri valori laddove i valori proposti sembrano retorici e convenzionali.
Un ragazzo, al Beccaria, mi ha detto: “voi adulti, i valori li proclamate ma non li vivete”.
Come interagire con ragazzi così?
Ci vuole un adulto. Come mi ha detto un ragazzo: “io ho bisogno di adulti, gli amici li ho già!’’.
Occorre una generazione che sia adulta! Che non sia semplicemente compiacente, assimilata e assimilabile alla generazione dei loro figli.
Adulti che piuttosto confliggono, magari arrivano anche a una rottura coi propri figli, ma escono allo scoperto, dicono chi sono, dicono in cosa credono.
Ci vogliono adulti che diano sempre una possibilità di ascolto e non si avventurino troppo solo in atteggiamenti censori e repressivi.
Dare sempre una possibilità vuol dire aprire i confini, perché “confine” in latino si dice in due modi: limen o finis. Finis è ciò che chiude, ciò che delimita; Limen è la soglia che apre.
Allora bisogna scegliere tra confinare un ragazzo, chiudendo il suo territorio, blindandolo dentro casa, o liberarlo, dandogli fiducia a oltranza.
Le regole servono quando sono un rinforzo alla libertà, non quando sono sinonimo di chiusura e sfiducia.
Noi adulti cosa possiamo fare? Cambiare lo sguardo, cominciare a guardare anche gli errori dei nostri ragazzi non come la fine, come qualcosa che meriti solo la nostra totale disapprovazione.
Uno sbaglio in adolescenza può diventare anche un’occasione di crescita, di confronto con l’autorità. È chiaro che l’adulto deve trovare il coraggio di esporsi anche all’imprevedibile. Montale ce lo ricorda: “è un imprevisto la sola speranza”.
A volte proprio la sola speranza!
È dunque l’attesa di qualcosa che non dipende da noi, è l’attesa di Qualcuno che venga tra noi, (perché da solo non basto) che può ridonarci la speranza e incoraggiare una ritrovata fiducia anche quando siamo scoraggiati dagli agiti impensabili dei nostri ragazzi.
Il bambino Gesù, povero e fragile, che viene nel mondo per sostenere il nostro impegno educativo, è quell’imprevisto che può far nuova la nostra umanità ferita.
Buon Natale,
don Claudio